È storia recente la polemica montata dal mondo della mountain bike a seguito dell’editoriale del presidente del CAI Vincenzo Torti su Montagna 360 di Settembre 2021. In sostanza e con discreta sintesi, l’articolo è stato definito da alcuni un vero e proprio attacco alle Mountain Bike e all’uso che se ne fa sui sentieri di montagna, riportando a galla l’annosa diatriba tra passeggiatori e ciclisti che da anni si contendono il primato di utilizzo dei sentieri. Al netto delle polemiche, l’articolo pone però l’accento su una tematica che a mio avviso ha molti aspetti su cui riflettere. Nello specifico spesso il presidente riporta il timore di essere investito da discesisti in arrivo a forte velocità su sentieri stretti e non adatti ad ospitare il transito di passeggiatori e ciclisti contemporaneamente, paura oltretutto aumentata anche in salita a causa delle numero vertiginoso di bici a pedalata assistita che ora popolano i boschi. Indubbiamente il numero di chi pedala fuoristrada grazie alle e-bike è decisamente aumentando andando spesso a spostare dal divano al bosco chi invece sarebbe dovuto rimanere sul divano. Ma ovviamente la colpa non è delle e-bike e nemmeno delle bici in generale. In molti si improvvisano montanari da un giorno all’altro e questo avviene soprattutto tra chi va a camminare in montagna con abbigliamento e soprattutto calzature del tutto inadatte. Perciò lo stupido di turno c’è sia tra i ciclisti, tra i ciclisti elettrificati e ta chi fa trekking.
Sono recentemente diventato socio del CAI per poter seguire un corso di escursionismo e sono perciò entrato in contatto con questa realtà. Ho trovato molti puristi che hanno sposato le parole di Torti, ma anche opinioni più pacate da chi pedala col gruppo cicloescursionistico della sezione che ha evidenziato come ci siano grossi limiti di vedute all’interno del club. Allo stesso tempo però il contributo che è stato dato dal Club Alpino Italiano è innegabile e dobbiamo a loro molto di quello che oggi siamo in grado di godere sia in termini di creazione e manutenzione sentieri, che in termini di riconoscimenti e tutele ambientali. Questo non da il diritto a nessuno di sentirsi padrone della montagna, ma nemmeno penso fosse l’obiettivo di chi ha scritto l’articolo, mentre credo volesse porre l’attenzione su una problematica che esiste ed è inutile negarlo.
La storia dell’erosione suona un po’ come voler far leva sul sentimento della protezione ambientale per portare dalla propria parte il lettore, ma imputare danni in termini di erosione o peggio di dissesto idrogeologico alle mountain bike mi pare esagerato. Basta vedere le aree dedicate interamente alla MTB come ad esempio le popolari zone del Finalese o del Grossetano, dove il passaggio delle bici avviene in maniera massiccia per 365 giorni l’anno e non ci sono danni veri al territorio. La canalina può scavarsi ci mancherebbe, ma la traccia della bici è estremamente stretta, senza considerare che certe aree sono costantemente mantenute dai volontari. Chi si è cimentato almeno una volta nella pratica del “trail building” sa che le canaline sono le prime cose che si sistemano perché insidiose anche per noi.
Ho letto di tutto dal “questo non è mai andato in montagna” al “i sentieri non sono di sua proprietà” e altre bassezze prive di argomentazioni da bar dello sport. Da ciclista che va in montagna da anni in sella alla bici posso però confermare che spesso purtroppo questo è vero, molti se ne fregano della presenza dei pedoni e non accennano a rallentare creando un certo pericolo per loro stessi e per gli altri. A tutti ci si è chiusa la vena quando incontriamo quel segmento che ci piace particolarmente e che ci sentiamo nel flusso che Minnar scansati proprio che sto volando sul percorso. Ed è qui il problema, la scarsa educazione di buona parte dei ciclisti, e lo dico vedendo il problema dall’interno, non sono il passeggiatore bacchettone di turno. Purtroppo è così, la maggior parte di noi non è educato alla cultura della montagna e a tener conto di tutta una serie di aspetti che vanno ricordati quando si condivide un certo spazio con altre persone.
Non sto dicendo che condivido in toto le parole del presidente del CAI, capisco il suo punto di vista ma per esempio non ne condivido la soluzione. Normare l’ambito sarebbe estremamente complesso e finirebbe per non accontentare nessuno; andrebbe invece massimizzato lo sforzo per educare ed istruire chi si approccia a qualsiasi disciplina fuoristrada, da chi passeggia, a chi va in bici o a cavallo. Questo è il punto secondo me. Chi mi conosce lo sa, insisto da sempre sull’importanza delle scuole di MTB proprio per questi aspetti che non ti insegna nessuno. Insegnare ed educare deve essere il binomio base per tutti, per una convivenza pacifica e serena per diffondere la cultura della montagna il più possibile.